Rispunta il DC9 dei Campioni del Mondo. Non volerà più, ma i sogni non si rottamano

Sarà per quella Coppa enorme e luccicante che il mondo ci invidiava, o forse per quel quartetto – Pertini, Bearzot, Zoff e Causio – che cercava di diluire i postumi di una sbornia agonistica in una partita a scopone, o magari per entrambe, ma quel che è certo è che quell’immagine ci è rimasta dentro per più di trent’anni.

Fino a qualche giorno fa, quando poche righe in cronaca hanno riaperto l’album dove conserviamo le figurine più belle delle nostre stagioni, e d’incanto il tempo si è riavvolto, accendendo quell’emozione che duetta con la nostalgia.

Era il 1982, il 12 luglio 1982 per la precisione, e si tornava a casa da Campioni del Mondo, dopo aver piegato la sera precedente nell’infuocato catino del Santiago Bernabeu di Madrid i tedeschi con tre gioiellini firmati da Rossi, Tardelli e Altobelli.  In quella cabina d’aereo, a battere scopa e ad inseguire il settebello, c’era l’Italia tutta, unita come solo il pallone sa fare, senza partiti, rancori, paure.

 

Ora quel sogno, racchiuso nel corpo di un Dc9, acquistato nel 1974 dallo Stato Italiano, utilizzato dal trentunesimo stormo dell’Aeronautica per il trasporto di personalità e sanitari, in servizio fino al 2001, poi rilevato dalla Boeing, che a sua volta lo cedette ad Alitalia nel 2007, utilizzato per le esercitazioni fino al 2010, e poi dimenticato in un hangar, è in attesa della rottamazione.

L’Alitalia lo venderebbe per poco, ormai non è più in grado di volare e rappresenta solo un costo, ma c’è chi lo vorrebbe ospitare a Volandia, il museo dell’aviazione civile vicino a Malpensa, per salvare la memoria di quel volo straordinario.

Per salvarlo è pronto l’hashtag #salviamoildc9mundial.

 

Il popolo della rete è mobilitato, ma noi che abbiamo calpestato tanti prati, e non tutti verdi, sappiamo che nessun tweet potrà restituirci il guizzo di Pablito o il grugnito di Bearzot.

Ma questa è un’altra storia.